Tre pesi e tre misure

June 4th, 2011 § 0 comments

La Storia è solo come te la raccontano.

Di questi tempi si parla molto – anche se forse non ancora abbastanza – di “armadi della vergogna”. Si intendono, con questa espressione, quegli armadi nei quali, colpevolmente, alla fine della II Guerra Mondiale vennero stipate di nascosto carte e documenti sulle stragi nazifasciste in Italia. Bisognava far sparire quel materiale per vari motivi. Per esempio, perché se si processavano in Italia criminali nazisti allora, per reciprocità, si sarebbero dovuti processare o far processare criminali fascisti italiani autori di stragi in Etiopia, Grecia, Jugoslavia e Unione Sovietica ( tutti Stati che li richiedevano inutilmente). Ugualmente, ormai molti ex-nazisti servivano nella nuova guerra in corso, quella Fredda, e metterli sotto accusa non tornava utile…

Carte e documenti rimasero nascoste in quei luoghi segreti per decenni fino a quando furono, in parte, “riscoperte”. Questi ritrovamenti hanno dato luogo a qualche processo in Tribunali militari. E ancora adesso, di tanto in tanto, con relativo squillo di fanfare, viene annunciato che qualche ultraottuagenario ancora libero in Germania è stato condannato da un Tribunale italiano ( con annessa provvisionale per milioni di euro che la Germania Federale dovrebbe pagare ai discendenti delle vittime).

Questi processi, in effetti, arrivano tardi e male.

Tardi perché “fare giustizia” a sessantasei anni di distanza appare quantomeno fallimentare, e non basta fingere severità implacabile con vecchietti che mai sconteranno un giorno di carcere oppure proclamare il diritto a risarcimenti che mai arriveranno per ripulire la coscienza di uno Stato che è venuto meno per decenni a un suo dovere.

Male perché sconcerta la loro parzialità. Nel senso che questi processi appaiono da una parte frammenti, piccoli tasselli strumentali per recitare una rinnovata volontà di “fare giustizia” e dall’altra, soprattutto, costruire narrazioni storiche squilibrate e funzionali a interessi politici in modo forse consapevole forse no.

La questione, in estrema sintesi, è che non si può fare giustizia usando tre pesi e tre misure.

Quelli per i pochi nazisti sopravvissuti. Quelli per gli Italiani. Quelli per gli Alleati.

Come non porsi, infatti, tre questioni fondamentali?

1° ) Per quali motivi questi Tribunali processano sempre imputati tedeschi? Possibile che non siano mai stati identificati i fascisti che, spesso, li accompagnavano? Ce ne sarà ancora qualcuno vivo…

2° ) Per quali motivi i Tribunali militari italiani non avviano procedimenti sui crimini contro l’umanità dei militari italiani all’estero? E l’Italia sarebbe disposta a concedere l’estradizione di suoi criminali condannati all’estero e a pagare i risarcimenti come quelli che chiede alla Germania se qualcuno di loro venisse processato? ( La risposta è no: non l’ha mai fatto).

3°) Per quali motivi non vengono avviati procedimenti contro i militari alleati ( dunque Americani, Britannici, Francesi ecc. ) che commisero crimini contro l’umanità assolutamente paragonabili durante la Campagna d’Italia del ’43-’45? Soltanto perché vinsero e non persero? Eppure della storia dei loro crimini si potrebbero riempire volumi interi. Eccidi di prigionieri, stupri di massa, bombardamenti terroristici contro la popolazione civile, mitragliamenti sistematici di treni passeggeri ecc. Secondo voi gli Alleati ci darebbero qualcuno dei loro criminali e pagherebbero i danni dei loro crimini?

Domande ingenue? Ovviamente sì, molto ingenue. Ma visto che è così, allora la si smetta con la retorica dei buoni e dei cattivi. Conta, ed è amarissimo ammetterlo, soltanto la ragione di chi ha vinto. E conta la autonarrazione che l’Italia si fa di essere stata una “vittima” e non un carnefice della II Guerra Mondiale.

Come si vede, i prodotti dell’amministrazione della giustizia e della ricerca storiografica sono, al solito, narrazioni. E guarda caso, vengono diffuse soltanto quelle “utili”…

 

La Nazione

La Stampa

Articolo della Repubblica

 

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Cos'è questo?

State guardando Tre pesi e tre misure nel Davide Pinardi.

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