April 22nd, 2011 § Comments Off § permalink
La morte degli altri, ovviamente.
Due celebri fotografi angloamericani sono morti in Libia.
http://www.repubblica.it/esteri/2011/04/21/news/morto_fotoreporter-15197450/
Se è doveroso provare sempre una forma di rispetto sostanziale per chi è morto tragicamente, non necessariamente bisogna provare un rispetto simile per chi si fa bello della morte degli altri. In tanti ambienti professionali la scomparsa tragica di un collega diventa spesso un buon motivo per appuntarsi una medaglia sul petto. I giornalisti, soprattutto, lo fanno con grande regolarità. Uno di loro muore dall’altra parte del mondo, torturato in un carcere, ammazzato di botte, e loro subito rivendicano i meriti del suo coraggio. Sarebbe preferibile un maggior pudore.
I due fotografi deceduti facevano un lavoro adrenalinico. Ma vien da domandarsi, sia pure con molto rispetto: era un lavoro apprezzabile?. Io guardo le loro fotografie e le trovo fortemente pervase da una scelta visiva che colpisce molto ma fa capire poco.
http://www.chrishondros.com/
http://www.timhetherington.com/
Le ragioni dei conflitti si vedono poco mentre è evidentissima un’estetica del conflitto. Corpi, colori, occhi, sangue, bambini, povertà, sofferenza… il tutto senza giudizio. Visione senza (tentativo di) comprensione.
Molti fotografi di guerra dicono “Noi dobbiamo soltanto documentare, il giudizio sta a chi guarda le nostre fotografie.”
Ma allora perché documentare ( quasi sempre ) questo versante della collina e non quell’altro, quello nascosto? Perché limitarsi – di solito – alle fotografie che vanno bene ai propri datori di lavoro occidentali o che possono vincere i premi Word Press Photo ( il soldato americano stanco e angosciato, il combattente antitalebano, i rivoltosi libici… ) e non farmi vedere gli “altri” se non da cadaveri o da assassini? Passi per le color correction o ritocchi di photoshop, ma qui c’è un problema nello scegliersi i committenti, il mercato di riferimento…
E che cosa pensare di funerali tanto “politici” quanto quelli celebrati dopo la loro morte?
http://www.repubblica.it/esteri/2011/04/22/foto/bengasi_i_libici_accolgono_le_salme_dei_fotoreporter-15240657/1/?ref=HRER2-1
April 21st, 2011 § Comments Off § permalink
Un altro giro di giostra.
Ormai è passato un mese dall’inizio della guerra di Libia. Dove sono finiti i grandi dibattiti sulla liceità degli interventi militari nel Terzo Mondo, sull’opportunità o meno dell’uso della forza nei confronti del “Male”dal parte della “comunità internazionale”, sul problema di come trattare i dittatori più sanguinari? E dove sono finite le laceranti divergenze – a sinistra – tra “pacifisti a oltranza” e sostenitori del rispetto dei diritti umani anche a costo di dover appoggiare la NATO?
Ormai tutto tace. Nel frattempo in Libia si è scivolati dalla no-fly zone alle bombe “intelligenti”, all’invio di consiglieri militari, ai preparativi di un intervento di terra ( limitato, sia ben chiaro, limitatissimo…). I morti si accatastano ma non appaiono più particolarmente interessanti. Come poco interessanti paiono i molti indizi che in Libia, da vari mesi prima dello scoppio della crisi, servizi segreti occidentali e milizie mediorientali preparavano il campo inviando forniture d’armi e commandos…
Prepariamoci dunque, fin d’ora, al prossimo giro di giostra. Scoppieranno dibattiti ugualmente idioti, nella loro inconcludenza e nella loro astrattezza, su una nuova vicenda bellica. Di nuovo si discuterà accademicamente dei diritti dei movimenti di rivolta delle società civili oppure di diritti alla non-ingerenza delle nazioni marginali senza – ovviamente – sapere che cosa sta accadendo per davvero ma dando per scontato di sapere già tutto.
Il fatto è che si beve soltanto a una fonte, sempre la stessa, quella delle grandi lobby di informazione internazionale che ti fanno credere di essere perfettamente informato. Non sai nulla ma non lo sai. Meno sai e meno sai di non sapere. E’ perfetto. Altri decidono la “realtà” sulla quale noi dobbiamo democraticamente discutere. Che poi sia una “realtà” del tutto irreale, questo è inessenziale. Quando un giorno ce ne potremo accorgere, forse tra qualche anno, ormai avremo da dibattere animatamente su qualche altra irrealtà molto più urgente, molto più interessante. Come per la storia delle armi di distruzione di massa di Saddam…
Prepariamoci dunque al prossimo giro di giostra. Tutti a bere dalla stessa fonte.
April 16th, 2011 § Comments Off § permalink
Gli sponsor all’International Journalism Festival di Perugia.
Curiosa la loro lista.
http://www.festivaldelgiornalismo.com/sponsor
Niente di grave, beninteso. Tutto alla luce del sole. Però… mah… qualche perplessità mi rimane.
Di gran grido, poi, i “personaggi” presenti alla manifestazione. E quanto pubblico plaudente e disposto ad ammirare e a ridere di gusto! Quanti volontari che si danno da fare. Che discorsi alti e nobili sull’informazione, sui diritti, sul raccontare finalmente la “realtà”, sulla necessità di combattere “il fango”… Eppure, lo confesso, un’impressione di vera melassa. Melassa di opportunismi (sia pure con nobili, nobilissime eccezioni). Melassa di protagonismi narcisisti (tutti che spiegano che loro sì, loro raccontano “la verità dei fatti”, non come gli altri…) e melassa di pubblico alla disperata ricerca di qualcuno da amare e da difendere con passione. Un festival, appunto, con superstar, starlette e fan alla ricerca di autografi più o meno virtuali. Un festival del mainstream giornalistico dal quale le voci eccentriche, le visioni periferiche, le opinioni fuori dal coro sembrano tenute piuttosto lontane, o utilizzate come note di colore, come spolverata di pepe per ravvivare il gusto, come peperoncino trasgressivo.
Mi domando come si rapporterebbe con questo mondo (o come si rapportasse, se mai l’ha frequentato) Vittorio Arrigoni. Singolare persona. Difficile da valutare, soprattutto ora.
Consiglio di vedere questi suoi due video.
http://www.youtube.com/watch?v=NBgI_QWgXaI
http://www.youtube.com/watch?v=SblB2O7AfP4&feature=related
Guardandoli non ho un’uguale impressione di melassa. Forse perché è morto e la morte rilegittima ogni cosa? Forse per quello che dice e per come lo dice, così incerto e con tono accorato? Forse perché sostanzialmente appare molto più solo e meno “istituzionale”?
Tendo a stimare maggiormente gli uomini che mi appaiono marginali e senza troppa compagnia. Gli eroi di carta, che cercano soprattutto vaste platee da cui essere applauditi, li stimo poco o pochissimo.
March 13th, 2011 § § permalink
La tecnica è questa.
Si preparano delle storie un po’ commoventi e facili da raccontare e si mettono nel cassetto. Per esempio quella di un cane mascotte morto di crepacuore perché il suo padrone, un giovane soldato, è saltato sopra una mina. Oppure quella del mulo che ha fedelmente servito nell’esercito e sta per essere venduto e finirà macellato se l’opinione pubblica non si ribella. O ancora quella di un giovanotto che aveva tutto dalla vita ma ha voluto partire per servire il suo Paese ed è finito male. O quella della brava ragazza che voleva studiare uccisa dai nemici. E poi le si tengono pronte. Quando sta per emergere una questione grave e importante, quando sta per emergere un problema vero, quando qualcuno si alza in piedi e critica, ecco che le si tira fuori. Il risultato funziona sempre. I giornalisti abboccano ( perché vogliono abboccare, beninteso ) si occupa lo spazio nei telegiornali, ogni cosa di banalizza e si confonde, le voci critiche spariscono nel brusio di fondo.
Non abbiamo mai visto, nella Storia, così tanto di ogni cosa come ora. E non capiamo niente. Non abbiamo mai una visione d’insieme. Sempre frammenti sconnessi. Frammenti costruiti ad arte per farci capire ancora meno. E’ lo storytelling, bellezza!
March 6th, 2011 § Comments Off § permalink
Nove bambini.
Nove bambini afghani che raccoglievano legna nei boschi sono stati uccisi da elicotteri americani. Sono seguite le scuse di rito. Poi, come al solito, sono stati dimenticati.
Non si è letta questa notizia sui giornali italiani. Hanno preferito, tutti, quella della visita in quel Paese di Angelina Jolie, “ambasciatrice di buona volontà” dell’ONU (più precisamente dell’UNHCR). La “superdiva” ha dichiarato che “i civili devono essere protetti e non trattati da bersagli” specificando che parlava di Libia e di Costa d’Avorio. Non di Afghanistan.