June 17th, 2015 § § permalink
… ma come si fa?
Come si fa a non prestare attenzione alle narrazioni dei tanti “oscuri complottisti” quando coloro che dovrebbero informarci in modo trasparente, alla luce del Sole, mescolano senza ritegno falsità e ignoranza nei loro racconti? Dalle bizzarrie di tanto complottismo è facile difendersi, ma dalle menzogne del mainstream, che canta in coro, come proteggersi?
Lo storytelling mediatico dominante ha obiettivamente raggiunto uno straordinario livello di densità e pervasività. La maggioranza delle immagini della “realtà” provenienti da quasi tutti gli organi di informazione e delle classi dirigenti occidentali appare non soltanto deformata ma assolutamente non credibile, menzognera, illusoria, asservita a interessi di parte, a subalternità culturali, a convenienze economiche.
La Storia è sempre stata piena di false flags ma mai come oggi – soprattutto nella politica estera – gli inganni sembrano quotidiani, continui, impuniti grazie alla crossmedialità, alla potenza della suggestione delle riproduzioni digitali e soprattutto alla sostanziale assenza in Occidente di opposizioni radicali organizzate: ormai, prima ancora di commettere imbrogli, violenze o crimini si pensa a come dissimularli offrendo scenari di cartapesta che raccontano storie marginali, brandelli di verità decontestualizzati, frammenti di notizie. E i massmedia seguono quasi sempre in modo acritico e fedele. Ne consegue un processo di generale confusa delegittimazione.
Sembra uno scenario prebellico. Perché la guerra, quando le classi dominanti si sentono assediate e iniziano a perdere la presa sul potere, appare sempre una comoda soluzione definitiva.
June 13th, 2015 § § permalink
Nei periodi di crisi le grandi narrazioni sociali si avvalorano o si invalidano con crescente rapidità.
Nessuna viene data più per scontata e tutte devono confrontarsi direttamente con gli avvenimenti, con le situazioni materiali, con i “fatti”. Quelle che sembravano più solide (una per tutte, il progetto europeo) si possono di colpo incrinare e rapidamente frantumarsi. E altre – in apparenza approssimative, minoritarie, da molti in precedenza considerate inaccettabili o inverosimili – d’improvviso possono invece dimostrarsi funzionali, utili, vincenti – ovviamente fino a quando funzioneranno (per esempio quella della necessità di tornare agli Stati nazionali). E nel corso di questi scontri di visioni e prospettive settori interi della società si spostano da una parte all’altra della barca modificandone la rotta anche senza esserne al timone. O addirittura possono ribaltarla.
I fatti non esistono senza rappresentazioni narrative. Sono le narrazioni che li incorniciano, che li inseriscono in catene di causa ed effetto, che ne costruiscono il senso e danno loro una prospettiva. Le grandi narrazioni possono essere supportate da massmedia pervasivi, da interessi radicati, da equivoci e illusioni profonde. Ma quando negano quelle piccole e quotidiane, banalizzandole, pretendendo di cancellarle, irridendole la battaglia può diventare durissima, devastante. Quel racconto pervasivo che prometteva benessere per tutti, solidarietà comunitaria, aiuto dei forti ai deboli in nome di una condivisa identità europea si è dimostrato di straordinaria inverosimiglianza. La grande narrazione si è dimostrata falsa, ipocrita, menzognera. C’è da stupirsi che molti ne cerchino altre? E c’è forse da stupirsi nel fatto che i narratori che hanno costruito le loro carriere su quelle narrazioni fallimentari stiano perdendo tutta la loro credibilità?